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Mentre Morivo puntata #0 Elvira Orlandini

Elvira ha 22 anni il 5 giugno 1947, giorno del Corpus Domini, quando viene ritrovata nel bosco vicino casa sua, senza vita. Era andata a prendere l’acqua alla fonte, non sono stati ritrovati gli oggetti che portava con sé, né le sue mutandine. Non è mai stato individuato il colpevole, né l’arma del delitto. Toiano, dove viveva, è oggi un borgo abbandonato.

Mentre Morivo è un Podcast di storie di donne uccise e lasciate senza giustizia. Scritto e interpretato da Marica Esposito, edit di Stefano DM.

Trascrizione del Podcast:

5 Giugno 1947, Corpus Domini.
La guerra è finita da due anni e l’Italia è affamata e stanca, i ragazzi tornati dal fronte si affaccendano nei soliti mestieri: qualcuno ara la terra, soprattutto nei piccoli borghi. Toiano è uno di questi: una piccola frazione nella provincia di Pisa, tra Palaia e Volterra. Il paesino ha origini medievali, si accede tramite un ponte che forse un tempo era stato levatoio. Toiano vecchia viene distrutta dai fiorentini nel 1364, ma i pisani intestarditi la ricostruiscono. Totano nuova arrende e si riprende dai domini fiorentini per secoli e secoli, mettendo pietre che non si stancano di stare in piedi.

Siamo comunque all’alba degli anni ’50 e la vita vuole tornare a scorrere, di certo non è facile per chi aveva visto gli orrori della guerra tornare a sorridere, ma cosa c’è di più proiettato al futuro se non la speranza di una famiglia? Elvira fa questo, nell’estate del 1947: mette in ordine il suo corredo in attesa del matrimonio. Piega le lenzuola, ricama le ultime cose, riguarda il vestito bianco che la porterà all’altare. E’ considerata la più bella del paese, occhi brillanti, ha solo 22 anni ma si dà da fare, lavora a casa sua, una casa di contadini, ma anche a casa dei Salt le cui origini sono ben diverse: ricchi svizzeri che la tengono a servizio nella dimora vacanziera, padre, madre, un giovanotto per rampollo. Poco dopo pranzo Elvira si lega i capelli, mette un grembiule e va alla fonte a prendere l’acqua, come quasi ogni giorno aspetta l’amica Iva per andare insieme. Iva però declina l’invito velocemente, lei l’acqua già ce l’ha, deve andare da sola.

Passano due ore e di Elvira non c’è traccia, la mamma Rosaria esce e chiede in giro, sicura si sia intrattenuta a chiacchierare dimenticandosi di tutto quel che c’era da fare. Niente, nessuno l’ha vista, così rientra per avvertire il marito Antonio che insieme al cognato Giovanni parte alla ricerca dirigendosi verso l’ultima meta della ragazza.
Si trovano intorno al Botro della Lupa, un vecchio canale di scolo che attraversa il bosco, quando notano delle tracce di sangue e dei segni di trascinamento… col cuore in gola seguono le tracce e la ritrovano.

Elvira è nuda, in una pozza di sangue, il corpo è caldo, le ciabatte sono adagiate lì vicino insieme alla brocca. Nello sconforto più totale Antonio cerca di far rinvenire la figlia, calpesta il posto, la scuote. La scena del crimine è irrimediabilmente compromessa. Si chiama la polizia, le indagini partono e dopo un ventennio di censura che aveva ripulito la stampa dai fatti più tragici, sui giornali di tutta Italia non si parla d’altro: la bella Elvira uccisa sgozzata. Dall’autopsia si capisce che alla giovane è stata tagliata la gola di netto da orecchio a orecchio e che quando già era senza vita le vengono inflitte altre ferite, sicuramente almeno tre sul cranio. Nessuno ha sentito niente, non ci sono testimoni, non si trovano più gli asciugamani che Elvira aveva con sé, né le sue mutandine, men che meno l’arma del delitto. Il bosco sembra aver inghiottito tutto, tranne lei e un’impronta numero 40.

Ma Elvira si doveva sposare e per il commissario Leonardi a cui le indagini sono affidate è tutto chiaro: è stato il promesso sposo, tale Ugo Ancillotti, da poco tornato al fronte e magari logorato dalla gelosia di una così bella fidanzata lasciata sola per tanto, che in un impeto di rabbia l’ha uccisa. Ugo viene messo in cella, il

commissario è sicuro che non resisterà e confesserà tutto: è così un bravo ragazzo, a Toiano è ben visto da tutti, sempre sorridente e affabile ma certo che a quell’Elvira gliene aveva fatte passare… tra litigate furibonde e scenate per gli sguardi altrui. Ugo è il sospettato perfetto. Poco dopo il ritrovamento del corpo era stato avvertito della tragedia e senza fare un fiato si era precipitato proprio ai margini del bosco, sulla scena del crimine. Sui pantaloni delle macchie di sangue. Rimane in carcere due anni.

Il processo inizia alla Corte d’Assise di Pisa nel 1949 e il tribunale viene preso d’assalto da curiosi e bookmakers che dopo ogni perizia e testimonianza aggiornano le quote delle scommesse, quasi duemila, si contano in alcune udienze. Lo sconquasso è tale e tanto da fare spostare il processo a Firenze, per cessare il mormorio incessante e le schermaglie degli avvocati che continuamente vengono interrotti. Nella gabbia degli imputati c’è solo Ugo e a difenderlo scende in campo a titolo gratuito il parlamentare socialista Giacomo Picchiotti, poi accompagnato anche da Gattai e Gelati, tutti e tre convinti che a suo carico non ci fosse nulla e che il processo fosse indiziario.

Alla Corte arrivano decine di lettere anonime: in poche si fa il nome di Ugo, nella maggior parte si nomina qualcuno che in paese si ha timore di rivelare… forse il figlio dei nobili Svizzeri che però ha un alibi: il giorno del delitto era a Roma e a testimoniare per lui una multa per divieto di sosta fatta all’auto di sua madre. Fatto sta che il tribunale diventa uno stadio: sono anni poco moderni, si fanno domande intime sulla relazione dei due promessi sposi: Se Elvira fosse vergine, come e quando avessero avuto il loro primo rapporto… l’Italia diventa per la prima volta un Paese desideroso di dettagli scabrosi e macabri, non si parla d’altro che della Bella di Toiano.

Il dibattimento non è lungo: Ugo aveva sì delle macchie di sangue sui pantaloni ma molto piccole e sia lui che Elvira condividevano il gruppo sanguigno. Inoltre i testimoni dichiarano di averlo visto accompagnare Elvira a casa dopo la messa alle 13:30 ed essere tornato a casa, dove sostiene di aver poi dormire. Troppo poco il tempo per arrivare alla fonte e poi tornare indietro, lavarsi e farsi trovare impreparato. L’impronta trovata sul posto è di una scarpa numero 40 e lui porta il 43 e, infine, si è recato sul posto dell’omicidio solo perché con la bici aveva inforcato la casa della fidanzata, e lo spiazzale in questione si trovava quindi sulla strada…

Iva, l’amica, al processo testimonio che Elvira era molto magra e smunta i giorni prima del fattaccio… sospettava di essere incinta, ma non sapeva di chi. Arrivarono alla ribalta anche rabdomanti e maghi, qualcuno diceva di avere ricevuto in confessione da Elvira la paura di morire dopo aver tessuto un legame d’amore con un uomo già sposato. Il cognato, che aveva una carbonaia nei pressi del Botro della Lupa emigrò in America e di lui non si seppe più nulla. Un venditore ambulante, si dice, la maledisse di non sposarsi e poco prima del delitto anche allo stesso Ugo erano state recapitate delle lettere anonime in cui gli si consigliava di non sposare Elvira, sottintendendo fosse una poco di buono.

I misteri in quel groviglio di poche case non mancavano, come non mancavano segreti sospirati a mezza voce, bugie e intrighi, ma nessuno ha mai capito quale

fosse il movente, cosa avesse pagato la povera Elvira.

Alla fine del dibattimento il Procuratore generale chiede 18 anni, ma alla fine viene assolto per mancanza di prove e a Toiano tutti esultano di gioia, tranne i genitori Rosaria e Antonio che quasi si erano convinti che ad uccidere la figlia fosse stato lui… e chi altri sennò?

Elvira è stata seppellita col suo abito di nozze, la sua foto sorridente è posta accanto alla fonte che ha visto e sa tutto ma il paese poco dopo è diventato nient’altro che un borgo abbandonato. Perfino la chiesetta che avrebbe visto il suo giorno felice è lasciata spalancata e dissacrata. Tutto è andato in rovina come i sogni di una giovane donna, strappata alla vita senza ricevere giustizia. Qualcuno dice che la sua anima e la sua ombra si aggirino per quei boschi in cerca di pace… io spero la possa trovare, almeno tramite le mie parole che se non altro, servano come ricordo.

(c) 2021 – Mentre Morivo
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Fonti:

Articolo La Repubblica

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