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Mentre Morivo puntata #1 Annarella Bracci

Primavalle è una borgata quasi al limite del degrado, quando nel 1950 a soli 12 anni, Annarella Bracci scompare, per poi essere ritrovata in fondo a un pozzo. Cosa le è successo davvero rimarrà un mistero per sempre, di certo è nata, vissuta e morta in mezzo a delinquenza e miseria… la stessa che probabilmente l’ha portata alla morte. Accanto al suo cadavere la borsetta, unico vezzo di un’infanzia malcelata.

Mentre Morivo è un Podcast di storie di donne uccise e lasciate senza giustizia. Scritto e interpretato da Marica Esposito, edit di Stefano DM.

Trascrizione del Podcast:

Puntata 1: Annamaria Bracci, per lei ha pianto il questore di Roma.

Le borgate, a Roma, sono delle vere e proprie città nella città: nate per fini politici durante il fascismo, diventarono prima dei meri dormitori per allontanare qualsiasi tensione dal centro e poi vivi ghetti che seguivano regole proprie. Socializzare, per chi arrancava a vivere era cosa marginale, poche scuole e mal gestite, servizi quasi inesistenti, i borgatari, così come venivano chiamati, la legge se le facevano da sé, quando lo Stato voltava loro la faccia.

Annamaria che per tutti sarebbe diventata Annarella, nasce in una di queste, a Primavalle, in una fredda giornata di dicembre del 1937. Si affaccia alla vita in verità con poche speranze: la madre si guadagna da vivere prostituendosi nell’umilissima casa popolare, una famiglia instabile, altri fratelli con cui dividersi il pane, tra cui uno invalido. Annarella però sboccia rosa tra l’asfalto e anche se quella periferia polverosa, attorniata solo da campi, un nugolo di case già fatiscenti e sguardi incattiviti dalla povertà qualche volta la soffoca, è sicura che un giorno slegherà i suoi tentacoli per lasciarla andare. Intanto, però, è ora di darsi da fare, la mamma Marta glielo urla di sovente, “fai presto ad imparare”, le dice “un giorno toccherà a te.”

Annarella ha dodici anni nel febbraio 1950, un caschetto cortissimo e scuro, la frangetta a coprirle la fronte. E’ appena stata in tribunale a testimoniare in favore del padre, che lasciando la madre, le aveva intentato anche causa per adulterio e prostituzione. Marta la guarda male, smette del tutto di prestarle le poche cure che fino ad allora le aveva riservato. E così il sabato di carnevale, il 18 febbraio seguente, Annarella è costretta ad uscire da sola per racimolare qualcosa per cena: dell’olio per cucinare da chiedere alla vicina, il carbone per la brace da acquistare. Porta con sé una borsetta, unico vezzo.

Non è ancora buio quando lascia la via Lorenzo Litta senza più tornarci.

Passano un paio di giorni prima che la madre, poco preoccupata, vada a sporgere denuncia ai carabinieri e quasi una settimana prima che questi inizino davvero le ricerche, dopo aver bollato la cosa come “problemi tra poveracci”.

Annarella sembra svanita nel nulla, a voler sognare, magari è scappata in cerca di una vita migliore. Ma Primavalle non ha collegamenti facili con Roma, anzi, e per una bambina andarsene è ancora più difficile. Nessuno crede alla fuga spontanea.

Tutti la cercano seppur con pochi mezzi e senza risultati; un barone della zona, colpito dalla cosa, offre 300.000 lire a chi possa aiutare nel ritrovamento della bambina. Tutto tace fino alla fine di febbraio quando Mariano Bracci, il fratello maggiore, va in questura per depositare delle mutandine. Dice di averle trovate nei campi e che sono di Annarella, ma non sa spiegare di più. Il nonno, in modo ancor più sospetto, anche lui si presenta in Polizia. Ha fatto un sogno, sa dov’è finita la nipote. E’ così che si recano tutti in località Le Nebbie, una zona in aperta campagna dove sono tre le cisterne esaminate. Annarella viene trovata in una di queste, a 13 metri di profondità, non ha le mutandine. E’ l’inizio di marzo e il nonno intasca la ricompensa.

Esaminato il corpo della bambina, sarà chiaro che le è stato sfondato il cranio ma che una volta gettata sul fondo del pozzo è viva, muore affogata e agonizzante per le ferite. Sul corpo, non ci sono segni di violenza sessuale, anche se la prima pista che gli inquirenti seguono sarà proprio quella. Annarella, infatti, è stata vista l’ultima volta insieme a Lionello Egidi, un bracciante poverissimo che viveva nel loro scantinato e che pare le avesse offerto, quella sera, delle castagne. Tale Egidi era noto nella borgata per essere un molestatore di bambini, era già stato denunciato in passato, veniva chiamato da tutti Il biondino.

Lo arrestano subito, per tutti è il colpevole perfetto: avrà cercato di approfittarsi di Annarella e non riuscendoci, l’ha uccisa. Quando viene portato in cella senza la possibilità di chiedere un avvocato, inizia per lui una settimana d’inferno. Nel frattempo il funerale di Annarella si svolge con il sostegno accorato di tutti, politici compresi. E’ celebrato in pompa magna e spesato dal comune. E’ rimasto negli annali l’editoriale di Settimo Giorno, una rivista in voga all’epoca, che le dedicò pagine intere, sottolineando le lacrime del questore.

Finalmente Il biondino confessa. E’ una confessione un po’ strana la sua, perché la moglie continua a ripetere di essere stata con lui la sera del crimine e d’altronde adesso Egidi è irriconoscibile: in commissariato l’hanno riempito di botte e torturato come era in voga nell’anteguerra. Perfino i parenti stentano a riconoscerlo. Durante il processo di primo grado del 1952 ritratta, la confessione – dice – gliel’hanno estorta con violenza. Viene assolto per insufficenza di prove.

La pista contro la famiglia Bracci non viene esaminata più di tanto, una volta individuato un amante assiduo della madre Marta, chi investica si assicura solo abbia un alibi, ma nessuno si interroga sui movimenti strani del nonno e del fratello.

Il secondo grado si apre nel 55 con una doppia accusa: Egidi, nel frattempo, molesta un’altra ragazzina e grazie alla sua testimonianza viene condannato a tre anni e mezzo, più 26 per l’omicidio di Annarella. La Stampa italiana esulta, ma non i borgatari che invece si dividono: chi lo conosce ne parla come un uomo deviato ma non assassino. C’è di buono che dopo di lui il fermo giudiziario viene riformato: deve durare al massimo 48 ore e bisogna notificarlo a un difensore.

La giustizia per la morte di Annarella si dibatte in Cassazione. Quest’ultima istanza non giudica sui fatti ma sul diritto, significa che la corte non si occupa di riesaminare le prove ma si assicura solo che nei gradi precedenti tutto si svolto in regolarità, senza errori di sorta. Infatti è qui che l’avvocato del biondino riesce a sostenere che la condanna in appello sia stata influenzata da un’altra condanna, quella della molestia della bambina chiamata a testimoniare e che quindi vada annullata. Ci riesce. Viene assolto in via definitiva.

Ormai 7 anni dopo la fine tragica di Annarella Bracci, Primavalle torna alla sua normalità, che forse non lo è mai stata in senso stretto. Tra le quattro mura della cappella dov’è seppellita, una targa ricorda di chi è stata vittima: non un nome per lei, non un volto da biasimare. Uccisa da perversioni altrui.

La vicenda per Lionello Egidi si conclude comunque con altra galera, cinque anni e un altro bambino che ha pagato se non con la vita, con un’infanzia strappata, la stessa che non vivrà mai Annarella.

Fonti:

(c) 2020 MentreMorivo – Riproduzione Vietata

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