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Mentre Morivo puntata #15 – La Morte di Elena Ceste

Un caso emblematico di femminicidio, quello che riguarda la sparizione e il successivo ritrovo dei resti di Elena Ceste. Oppure no, perché nonostante i tre gradi di giudizio la sua morte è ancora avvolta da qualche mistero.

MENTRE MORIVO è un podcast scritto e narrato da Marica Esposito con l’editing di Stefano DM.

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Trascrizione del Podcast

È il 24 Gennaio 2014 quando, con alle spalle una villetta bianca e rosa, Michele Buoninconti fa la sua prima comparsa davanti alle telecamere: *audio intervista*
Giacca blu e occhi persi nel vuoto, ai giornalisti Michele racconta che sua moglie, Elena Ceste, si è allontanata da casa in preda a una psicosi. I vestiti abbandonati nel vialetto, gli occhiali adagiati nelle prossimità del cancello. La storia di Elena Ceste è tanto misteriosa quanto emblematica: una scomparsa che ha tenuto con il fiato sospeso per mesi chi le era più vicino, ma anche l’intero Paese. Una sparizione, come vedremo, che si tramuterà in acclarato femminicidio. Oppure no? Perché i dubbi sono ancora tanti, anche a condanna definitiva.

Sembra difficile delineare la personalità di Elena, perché a leggere i racconti di chi la frequentava, pare che nessuno sia riuscito a leggere di lei la parte più autentica. Non i genitori, che la definiscono sempre puntuale e precisa, una ragazza che non destava preoccupazioni. Non i vicini di casa o il parroco di paese, che la ricordano una 36enne taciturna e solitaria, forse neanche l’ex fidanzato che invece la descrive come disinibita e piena di vita. Magari più semplicemente Elena era una donna a cui era cominciato a stare stretto il ruolo di moglie e madre irreprensibile che le era stato cucito addosso suo malgrado, e che imprigionata in una società di apparenze non è riuscita neanche ad essere capita, men che meno salvata.

Quello che sappiamo per certo è che a un certo punto della sua vita si innamora di Michele Buoninconti. Elena è nata nel 1977 e dopo aver finito la ragioneria inizia a lavorare in uno studio commercialistico di Torino. Non ha neanche vent’anni e la capigliatura riccia e corta che non cambierà mai: le piace leggere, ha gli occhiali da vista sempre ben inforcati sul naso e per andare a lavoro prende spesso i mezzi. È proprio su un pullman che incontra il suo futuro marito, lui al momento fa l’autista anche se studia per diventare pompiere e di giorno in giorno le occhiate diventano saluti, poi chiacchiere e alla fine incontri. Michele è originario di Salerno, un po’ più grande di lei, ha una famiglia contadina alle spalle e un’educazione rigida da cui ha imparato la praticità della vita. Si sposano tre anni dopo, quando di anni Elena ne ha 22 e per costruirsi la famiglia che in fondo ha sempre sognato abbandona tutto: lavoro e città di origine. I due si spostano molto per l’Italia, Michele ha da finire i corsi di formazione, e d’altronde non vuole che sua moglie lavori: c’è da badare ai figli e alla casa. Quando arrivano a Costigliole d’Asti di bambini ne hanno già due ma in breve diventeranno quattro.

Quella di Elena è una vita scandita dai ritmi agresti che Michele tanto ama: la villetta che hanno trovato è un po’ isolata ma ha un bel cortile, un po’ di giardino e tanto spazio per coltivare e far crescere gli animali. Costigliole d’Asti è un paesino di neanche seimila abitanti che si estende tra Monferrato e Langhe, in Piemonte. Si conoscono tutti e infatti è l’attenzione quasi maniacale dei due al risparmio a balzare subito agli occhi dei vicini. Per innaffiare si utilizza l’acqua della fossa biologica, al supermercato si va poco preferendo l’autoproduzione e l’assicurazione della macchina viene puntualmente disdetta nei mesi di minor utilizzo. Una vita molto diversa da quella che Elena faceva prima di conoscere Michele, le piaceva uscire – anche se i genitori non lo ammetteranno mai, forse per paura di dare di lei un’immagine poco pulita – e sperimentare con il cuore e il corpo, come qualsiasi ragazza dovrebbe essere libera di fare. Quando incontra quello che diventerà suo marito, infatti, è già in una relazione con un uomo molto più grande, un uomo che continua a frequentare per qualche tempo anche quando tra lei e Michele è già nato qualcosa e anche se l’uomo in questione è sposato. Comunque, alla fine, i due trovano, almeno all’apparenza un equilibrio e la coppia non mostra mai in pubblico tensioni o litigi: escono poco, la domenica si va a messa e poi a casa a cucinare e rassettare. Il ritratto patinato di una famiglia all’antica, forse anche troppo.

Eppure un giorno qualcosa di piccolo cambia, una boccata d’aria arriva in casa Buoninconti sottoforma di computer. Elena non aspetta altro, finalmente ha una finestra spalancata sul mondo ma soprattutto può riaffacciarsi a quella libertà che aveva sperimentato solo pochi anni prima e che le manca. Il salto da Torino, una grande città ricca di stimoli, al paesino, Costigliole d’Asti, le pesa non poco: anche perché è dalle voci di paese che non può sfuggire. Su Facebook, invece, ritrova la serenità e i suoi vecchi amici. Nel 2012 inizia a mandare qualche richiesta di amicizia e a scriversi con qualche uomo: prima per passare il tempo, poi per evadere da una monotonia che le è forse diventata insostenibile. È con un uomo che negli atti del processo viene indicato con l’iniziale R. che inizia i primi incontri: lo invita a casa quando Michele ha il turno di notte e manda i bambini a casa dei nonni. Lo aspetta fuori dalla villetta, gli fa parcheggiare l’auto nascosta, in modo che i vicini non possano mettere in giro voci. Perché a Elena turbano le malelingue, o forse è cosciente che Michele non avrebbe reagito bene a un tale scandalo. Fatto sta che gli incontri si fanno sempre più accesi finché non è R. a chiudere, lei è troppo presa, lui invece vuole viversi un’avventura.

Nel 2013, sempre complice il nuovo social network, Elena riallaccia i rapporti anche con l’ex fidanzato, che però non vuole incontrare: all’epoca non andava a genio ai suoi genitori, e non vorrebbe turbarli ancora. Si scambia qualche messaggio con un collega di Michele, lui cerca un approccio, eppure quando si incontrano stenta a guardarlo negli occhi, così la cosa svanisce prima di iniziare. È a giugno che la sua vita inizia a dirigersi inesorabilmente verso l’epilogo triste che conosciamo: si lega ad S. Forse se ne innamora. Il signor S. è un vicino di casa, papà di un compagno di scuola di uno dei figli di Elena e Michele e soprattutto frequenta la famiglia con assiduità. S. si invaghisce subito della donna, le regala completi intimi che lei sfoggia con una sicurezza che non avrebbe mai immaginato, mentre lei gli rivela una vita di oppressione e mancanze. È lui, infatti, a regalarle le ricariche telefoniche necessarie a poter comunicare, una cosa che Michele non le concede in virtù del bilancio famigliare.

È Settembre, Elena ritrova a questo punto su Facebook un vecchio compagno delle elementari: A. Si incontrano al centro commerciale, poi alla sagra di paese, finiscono nel tinello della villa a scambiarsi qualche effusione ed è in questo autunno che definitivamente qualcosa si incrina.

Probabilmente i bambini utilizzando anche loro il computer hanno scoperto qualche conversazione privata, perché ingenuamente uno dei quattro riferisce a un insegnante che la mamma ha tanti fidanzati. Forse in casa inizia qualche discussione, quello che è certo è che per quanto Michele tenti in seguito di nasconderlo, c’è una crisi in atto. Gli ultimi cinque mesi di vita di Elena sono un’alternanza di emozioni diverse: da un lato la voglia di sfuggire al controllo del marito, severo e austero, dall’altro il senso di colpa di non essere una brava mamma, ma anche la paura di non poter vivere diversamente, perché privata di un’indipendenza non solo economica ma anche emotiva. La crisi che sta vivendo Elena è reale e testimoniata da diverse persone dichiarate attendibili dagli inquirenti, ma il dubbio sembra ancora non dissipato del tutto: dove la porterà questa profonda instabilità emotiva, a morire per mano del marito o per una tragica fatalità?

Perché di fatto Elena il 24 gennaio 2014 scompare. Quella mattina Michele denuncia praticamente subito la scomparsa della moglie. Dice di essere particolarmente preoccupato perché la notte precedente non si era sentita bene, aveva avuto una crisi psicotica in cui vaneggiava, aveva paura che qualcuno la portasse via dai suoi figli e non era riuscito a calmarla in nessun modo. Così la mattina seguente si era offerto di portare lui i bambini a scuola e poi portarla dal dottore. Michele si veste ed esce di casa alle 8 e 10. Passa al comune a chiedere informazioni sulla tassa IMU: resta nell’ufficio dalle 8.32 alle 8.37, secondo gli inquirenti un po’ poco, visto che gli impiegati ricordano l’ufficio affollato. Quindi passa dal medico di famiglia per controllare gli orari di visita e poi torna a casa. Si accorge subito che Elena non c’è: trova le ciabatte e il maglione, si mette in auto e fa un giro intorno alla villetta: un paio di chilometri, sottolinea. È pompiere e sa che a piedi, in quel lasso di tempo una persona ne percorre al massimo uno, così per sicurezza fa un giro largo. Quando non trova Elena neanche nei dintorni rientra subito, rinviene il resto dei vestiti nel cortile e anche gli occhiali vicino al cancelletto, mette tutto in una busta di plastica che tiene in auto e inizia a telefonare ai vicini. Possibile che nessuno abbia visto una donna in piena crisi psicotica correre nuda per i campi? I carabinieri vengono allertati e alle ricerche partecipano per quasi una settimana anche i vigili del fuoco e i volontari della protezione civile. Allontanamento volontario o suicidio sono le ipotesi più vagliate, indirizzati da Michele solo sulle zone raggiungibili a piedi vista la prima ricostruzione, i corsi d’acqua particolarmente impervii non vengono analizzati a fondo, forse è l’inizio di un depistaggio perché in alcune zone Michele insiste ad andare da solo. Forse è un depistaggio anche il giro mattutino, per farsi ben inquadrare dalle telecamere di paese. Poi l’uomo comincia a rilasciare anche le prime interviste. In alcune sottolinea che sua moglie è una santa e che la perdona, che deve ritornare a casa perché lui e i bambini hanno bisogno di lei. Queste apparizioni sono molto peculiari perché Michele mostra una personalità forte ma grezza, spavalda anche senza alcun motivo e soprattutto graffiante e prepotente, si mette contro tutti: giornalisti e carabinieri. A un certo punto fa anche riferimenti fantasiosi, dà delle spiegazioni prive di alcuna logica nel tentativo di sviare da sé i sospetti. *audio intervista*

Le indagini degli inquirenti spaziano però ad ampio raggio su tutta la vita della famiglia: da quella coniugale alle amicizie, si parla di una depressione di Elena mai diagnosticata e si scoprono soprattutto le relazioni extraconiugali, un quadro decisamente diverso da quello dipinto all’inizio dal marito. A un mese dalla scomparsa Michele formalizza le sue accuse: è stato un uomo con la Golf (il vicino di casa, S, di cui abbiamo parlato prima) a portarla via e forse a ricattarla, lui lo sa perché ha letto svariati messaggi sia sul cellulare che sul computer, ricatti dovuti a “cose brutte” che lei non avrebbe fatto, ma che sono state create ad arte con dei fotomontaggi di cui Elena si sarebbe vergognata molto. In realtà gli alibi di tutti i conoscenti di Elena vengono controllati e l’unico a non averne uno è proprio Michele, che viene intercettato a più riprese. La personalità che viene fuori durante le indagini non è solo quella di un padre che cerca di imbeccare i figli su cosa dire agli investigatori, ma anche un uomo che a due mesi dalla scomparsa della moglie getta completamente la spugna per dedicarsi ad altre donne, convinto che Elena non farà più ritorno.

Il cerchio si stringe ufficialmente nell’ottobre 2014, a nove mesi dalla scomparsa.

Nei pressi del Rio Mersa, a 800 metri in linea d’aria dalla villetta Buoninconti, un dipendente del comune sta effettuando le generiche pulizie delle erbacce, quando rinviene dei resti. La scientifica accorre subito sul posto ma il corpo è così rovinato non solo da non rendere riconoscibile Elena, la cui identità verrà accertata solo tramite il DNA, ma rende impossibile determinare la causa della morte, dettaglio che renderà il processo tortuoso e che ancora oggi crea dibattito. Il ritrovamento viene comunicato in una particolare intercettazione a Michele da un collega *audio intercettazione*. Secondo i tre medici legali che vengono ascoltati dal giudice benché non si possa essere certi della causa della morte, quello che risulta strano è proprio la posizione del corpo stesso: perfettamente disteso lungo il canale, a faccia in giù. Se Elena vi fosse caduta, facendosi male e poi morendo per il freddo, si sarebbe accucciata in posizione fetale o avrebbe assunto una posizione strana se trascinata dalle piene del canale: il rio mersa è appunto un piccolo fiume che più volte si interra in un canale di cemento e che al momento della scomparsa di Elena sarebbe dovuto essere basso e fangoso. Nulla di tutto questo: il corpo, ne sono certi i periti, è stato posizionato così come ritrovato. Eppure questa ricostruzione cozza con le foto scattate dai carabinieri al momento del primo sopralluogo e di una descrizione scritta che mettono a verbale: i resti di Elena sono in realtà molto decomposti, tanto che gli arti superiori e inferiori sono staccati dal resto e non appaiono perpendicolari al corpo, per esempio la gamba sinistra è completamente piegata e il piede si trova all’altezza del gluteo. Insomma, crisi psicotica che la porta a fuggire, ipotermia e conseguente spogliamento paradossale o più semplicemente uccisa e nascosta a pochi metri da casa, lì dove Michele avrebbe potuto osservare e in caso depistare eventuali ricerche?

Ma facciamo un passo indietro all’ultimo autunno di Elena, quando mostra i segni di una malinconia evidente. Cosa è successo secondo gli inquirenti negli ultimi mesi del 2013? A quanto pare Elena in questo periodo teme che qualcuno abbia messo in giro delle voci su di lei, tanto che chiede conforto a una vicina di casa e anche ai famigliari. Chiede udienza al parroco e infine si decide a confessare tutto a Michele. In quel periodo Elena è descritta da tutti come una donna molto sofferente, sempre sovrappensiero e triste, dimagrisce anche qualche chilo. Comunque, secondo gli inquirenti Michele era forse già a conoscenza di qualcosa perché lei scrive arrabbiata ad A. di aver tradito la sua fiducia parlando in giro di quella relazione. Fatto sta che fino a Natale Elena chiude il suo profilo di Facebook e tutto sembra essere tornato alla normalità, o quasi: apparentemente Michele l’ha perdonata dietro la promessa di smettere di sentire altri uomini e dedicarsi esclusivamente alla famiglia. A gennaio, però, è il vicino di casa S. a metterla nei guai.

È il 21 gennaio quando Michele esce di casa per andare a riprendere i bambini a scuola. Porta con sé il cellulare di Elena perché il suo è scarico e durante il tragitto telefona a dei parenti. Anche S. è nel cortile di scuola e pensando che Elena sia solo a casa prova a chiamarla, trovando però occupato, così le scrive un SMS, qualcosa tipo “vediamoci al solito posto”. Michele, secondo la sentenza, legge quei messaggi e inizia ad architettare il suo piano: non potendo più avere un ruolo di controllo nei confronti della moglie, l’unica alternativa è quella di eliminarla. Il gip di Asti ordina l’arresto per omicidio premeditato e occultamento di cadavere un anno dopo la scomparsa di Elena, e a pochi mesi dal ritrovamento dei suoi resti.

Il processo si dibatte a lungo e in tre gradi di giudizio: ad inchiodare Michele ci sono soprattutto le celle telefoniche che segnano un percorso preciso di andata e ritorno dalla villetta di famiglia al luogo del ritrovamento del cadavere. Non solo, quando un collega pompiere mesi prima accenna di aver ispezionato un luogo dalle zone di isola, proprio vicino al Rio Mersa, Michele chiude il telefono e poi svia il discorso. *audio intercettazione* C’è anche un’altra intercettazione inquietante agli atti: Michele parla con i suoi figli e dice di averci messo diciotto anni a raddrizzare Elena.

Il 24 gennaio 2014 Michele telefona alla vicina Marilena alle 8:55. Le chiede se ha visto Elena, perché non è in casa e i suoi vestiti sono sparsi in giro. In quel momento il telefono aggancia la cella della villetta. Visto che Marilena dice di non aver né visto, né sentito nulla, alle 8:57 chiama un altro vicino. La cella telefonica in questo momento aggancia quella sopra il Rio Mersa, il cellulare è quindi in movimento. Alle 9:01, forse nel tentativo di ritrovare il cellulare di Elena pensando di averlo perso, telefona proprio alla moglie. La cella telefonica di Michele si sposta verso casa, mentre il cellulare di Elena è sempre rimasto in cucina. I due cellulari, insomma, raccontano il percorso circolare fatto da Michele: prima da casa al Rio Mersa, poi dal canale a casa.

Quindi cosa è successo quella mattina? Michele Buoninconti continua a professarsi innocente e non ha mai dato nessuna testimonianza alternativa a quella iniziale, nega perfino di aver telefonato alla moglie, anche se i tabulati parlano chiaro: secondo lui la donna si è allontanata suicidandosi nel canale, o cadendoci in preda a una crisi, secondo gli inquirenti sarebbe stata strangolata dopo essere uscita dalla doccia e poi fatta sparire nel Rio Mersa, visto che non ci sono altri segni di fratture, né tracce di sangue in casa o nell’auto. L’uomo è stato condannato a 30 anni di carcere in via definitiva nel 2015, ha perso la patria podestà dei quattro figli che sono stati affidati alle cure dei nonni. Nel 2020 ha annunciato di voler chiedere la revisione del processo.

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