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Mentre Morivo puntata #17 – La Morte di JoAnn Romain Matouk

JoAnn Romain Matouk scompare una fredda sera di gennaio del 2010 e di lei non si avranno più notizie per quasi due mesi. A dieci anni dalla sua morte gli interrogativi sono ancora tantissimi e il dubbio rimane: omicidio, suicidio o tragico incidente?

MENTRE MORIVO è un podcast scritto e narrato da Marica Esposito con l’editing di Stefano DM.

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Trascrizione del Podcast

Grosse Pointe, un sobborgo a est di Detroit (nello stato del Michigan), si estende per una manciata di chilometri quadrati di cui più della metà sono acqua. E l’acqua, quella del lago St. Clair è la co- protagonista di questa storia misteriosa, la storia di JoAnn (Romain) Matouk, inghiottita dal buio di una gelida sera: è il 12 gennaio 2010.

JoAnn ha 55 anni quando scompare, tre figli (Michelle, Kellie e Michael) e un matrimonio finito ormai lasciato alle spalle. Si era sposata con David Romain nel 1980, ma dopo 25 anni insieme si era resa conto che l’amore era finito e lui stava con un’altra, così aveva cambiato casa qualche strada più in là e aveva ricominciato, sola ma determinata. Grosse Pointe, dove è nata e cresciuta, è per lei un nido sicuro: conosce tutti e tutti conoscono lei e il suo sorriso rosso di rossetto e le guance arrossate dal blush. Le sue giornate si scandiscono tra il lavoro in boutique e gli incontri di preghiera, JoAnn non perde mai l’occasione di unirsi agli altri parrocchiani per la messa o semplicemente una benedizione. Quel 12 gennaio 2010 non fa eccezione: alle 18 accompagna suo figlio a casa, passa a fare rifornimento e poi corre in chiesa.

La neve è caduta copiosa, il freddo è pungente perché i gradi sono ben sotto lo zero e tutto è silenzioso e calmo come l’inverno sa essere nei piccoli paesi dove sembra nulla di brutto possa accadere. La Chiesa Cattolica di St. Paul svetta seppur poco illuminata tra gli alberi, con i suoi edifici gotici di mattoni e pietra e le grandi vetrate. Per questo quando due poliziotti passano di lì intorno alle 21 e notano un’auto solitaria parcheggiata in modo strano si insospettiscono subito. Si avvicinano ma nel veicolo c’è solo una borsa da donna poggiata su un sedile, delle impronte sulla neve conducono verso il lago che è a pochi passi. Chiamano rinforzi: qualcuno si è buttato nelle acque gelide e forse può essere salvato.

Nello stesso momento, Kellie e Michelle tornano a casa: chiamano JoAnn che stranamente non è ancora rientrata ma il tempo per preoccuparsi è poco, perché dalla finestra notano le luci di una sirena. L’auto ritrovata, una Lexus grigia, è quella della donna ma nel lago non c’è nessuno: le ricerche sono infatti immediate con tanto di elicottero a sorvolare le acque, eppure sembra che l’unica cosa che JoAnn abbia lasciato dietro di sé sono quelle impronte sulla neve. Per i poliziotti è tutto chiaro: suicidio, lo comunicano subito alle due ragazze che restano sbigottite e incredule: JoAnn non aveva motivo di uccidersi, non dopo aver fatto benzina e passato la giornata come sempre.

Il tragitto dall’auto al lago non è in realtà semplice da percorrere: al momento della scomparsa JoAnn indossa degli stivaletti con il tacco sottile alto 10 centimetri, ha una corporatura robusta e gli anni che pesano sulle gambe. Avrebbe dovuto camminare sulla neve per qualche metro, attraversare due strade a due corsie con tanto di spartitraffico, per ritrovarsi su un argine ripido, che cade nell’acqua con una discesa scivolosa e un fondo roccioso. Perché la donna si sarebbe dovuta trovare lì? Le indagini vengono pressoché chiuse subito, nonostante i tanti dubbi della famiglia e nessun corpo. I segni sulla neve, fotografati velocemente, indicano sì il passaggio di qualcuno, forse una caduta o un trascinamento, ma non molto altro. Tutto quello che rimane ai figli di JoAnn è continuare a cercare.

Il corpo senza vita viene ritrovato il 20 marzo 2010 vicino all’isola di Boblo, in Ontario, a 56 chilometri da dove la polizia suppone si sia gettata in acqua: lì il lago St. Claire diventa il fiume di Detroit. Sono passati più di due mesi. La polizia, nel frattempo, fa una conferenza stampa in cui sostiene e conferma la teoria del suicidio: non ci sono segni di lotta sulla scena, né sangue o tentativi di furto sull’auto dove la borsa era stata ritrovata intatta, se non per un piccolo strappo e l’assenza del cellulare. Le tre autopsie che vengono svolte sul cadavere di JoAnn, invece, non sono

altrettanto lapidarie. A svolgere la prima analisi è il coroner canadese: per lui Joann è affogata, ma non può dire di più sulla morte. Il secondo medico legale è quello del Michigan, che conclude lo stesso, aggiunge però che il suicidio sarebbe un’ipotesi più probabile dell’omicidio, visto che sul corpo di JoAnn non ci sono segni di percosse se non un livido sul braccio sinistro – il lato dove JoAnn era solita indossare la borsa. A chiedere un terzo parere sono le figlie della donna, ma anche in questo caso non si riesce a determinare il motivo della morte: JoAnn è annegata, ma nel lago ci è finita per sua volontà o per mano di qualcun altro? A ostacolare questa ricerca di risposte è l’avanzato stato di decomposizione. I vestiti, invece, sono in buono stato come anche gli stivaletti che non presentano graffi. Insomma, il corpo non sembra quello di una persona che ha attraversato in due mesi quasi sessanta chilometri senza mai essere visto.

Se JoAnn non si è uccisa, chi potrebbe averle fatto del male? Anche se la donna non ha nemici e la sua vita appare normale, qualche movente viene subito fuori quando le figlie cominciano ad indagare per conto proprio affidando il caso a tre investigatori privati: Sal Restrelli, Bill Randall e Scott Lewis. Kellie, la minore, ricorda di una telefonata che aveva indispettito la madre solo qualche settimana prima della scomparsa: stava litigando con uno dei suoi cugini, Tim Matouk, così animatamente che quando gli aveva interrotto la comunicazione in faccia si era poi rivolta a lei dicendo: “Se dovesse succedermi qualcosa… prenditela con lui.” Un avvenimento che col senno di poi potrebbe sembrare forzato, cose che si dicono in un momento di nervosismo, ma viene fuori che JoAnn prima di sparire si è effettivamente rivolta a un servizio di sicurezza con la paura di essere seguita.

Se ogni famiglia infelice è infelice a suo modo, giudicare i rapporti che JoAnn aveva con i suoi fratelli e cugini risulta tutt’altro che facile. I problemi sono iniziati quando i genitori William e Louise muoiono, lasciando in eredità un’attività di vini redditizia e avviata lì a Grosse Point. A finire nei sospetti dei figli di JoAnn non è solo Tim, di cui abbiamo già parlato, ma anche Bill Matouk con cui si era vista qualche giorno prima di sparire. Ad avvalorare la tesi dei due complici c’è un testimone – poi ritenuto non attendibile durante le indagini – che giura di aver visto due uomini litigare con una donna proprio sul lungolago, quella tragica notte di gennaio. Un altro testimone, invece, questo reputato credibile, giura di aver incontrato un uomo senza giacca che correva nei pressi della chiesa: gli era sembrato alquanto strano perché indossava invece una sciarpa, sciarpa che fu poi effettivamente ritrovata nei dintorni e messa agli atti, salvo poi essere donata in beneficenza dalla polizia stessa qualche mese dopo.

Il fratello prediletto di JoAnn, invece, si chiama John ed è lui stesso ad ammettere che in quel periodo di nemici lui sì che se ne è fatti: la crisi immobiliare del 2008 l’ha lasciato sul lastrico e i creditori ormai non lo trattano più con alcuna gentilezza. E se qualcuno, per intimorire lui, avesse fatto fuori JoAnn? Un’ipotesi, anche questa, mai battuta dagli inquirenti. I dubbi rimangono però tantissimi: suicidio, omicidio o incidente? Le figlie di JoAnn sono inamovibili, qualcuno ha ucciso una donna mentre usciva dalla chiesa per tornare a casa come ogni sera. I fatti sarebbero andati così: JoAnn lascia l’edificio religioso a liturgia finita, mentre cerca di aprire lo sportello qualcuno la strattona dalla borsa – causando lo strappo al tessuto – per poi prenderla al braccio e lasciandole il livido. La spinge in auto e proprio con la Lexus si mette in viaggio verso nei pressi del fiume Detroit, dove poi il cadavere verrà rinvenuto. Dopodiché riporta l’auto a Grosse Pointe, la abbandona parcheggiandola in modo vistoso, si sbarazza del cellulare che avrebbe potuto comprovare i movimenti e simula le impronte sulla neve sperando nella disattenzione della polizia. Come sia stata uccisa JoAnn e sopratutto perché, dopo 22 anni rimane un mistero.

La sua storia è stata raccontata nella seconda stagione della serie Netflix “Unsolved Mysteries”. L’episodio si intitola “La signora nel lago” ed è ironico, perché non c’è ad oggi alcuna prova che JoAnn, nel lago St. Claire, ci sia davvero mai entrata.

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