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Mentre Morivo puntata #11 – La Morte di Jong Ok Shin all’ombra di Danilo Restivo

E’ il 12 luglio 2002 quando a Bournemouth, nel Dorset, il corpo straziato di Oki viene ritrovato accanto a un lampione: è stata accoltellata ma è ancora viva, parla di “un uomo mascherato”. L’inchiesta apre scenari inquietanti, soprattutto perché a sole tre strade di distanza vive Danilo Restivo, già indagato per il caso Claps.

MENTRE MORIVO è un podcast scritto, narrato e prodotto da Marica Esposito con la collaborazione di Stefano DM.

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Trascrizione del Podcast

State ascoltando Mentre Morivo, storie di donne uccise e lasciate senza giustizia.

Il titolo oggi lo pronuncio all’inizio per soffermarmi sull’ultima parola: giustizia. Non è un termine che ho scelto a caso, non l’ho mai trovato né banale né, al contrario, troppo pretestuoso. La giustizia è un dovere e un diritto inviolabile. Intende la costante, continua, imperitura volontà di dare a sé e agli altri quello che è dovuto. Il suo contrario, l’ingiustizia, è forse quanto di più atroce può abbattersi su di noi e sulla società di cui facciamo parte. L’ingiustizia toglie ad ognuno un pezzo di diritto e un pezzo di dovere. Fatta questa doverosa premessa… la giustizia, in un caso di omicidio, è trovare IL colpevole, non UN colpevole.

Jong-Ok Shin è una ragazza coreana di 26 anni che vive a Bournemouth, una località nel Dorset che a detta dei suoi abitanti è un posto in cui si vive molto bene: il clima è mite, le case affacciano su una baia e le piogge sono la metà della media nazionale… il ché è una bella fortuna, se si pensa ai nuvoloni sempre grigi che aleggiano sulla maggior parte del Regno Unito. Qui è sepolta Mary Shelley insieme al cuore di suo marito e Tolkien vi passava, abitudinario, tutte le vacanze. Ma ora è il 2002 e Oki (così la chiamano amichevolmente tutti) sta finendo i suoi studi: è una ragazza popolare e sorridente, frequenta l’università del posto e nel tempo libero si gode le passeggiate e le serate nei club. La notte del 12 luglio sta proprio ritornando a casa dopo aver festeggiato la fine degli esami in un locale chiamato Elements. Il gruppo di amici fa ritorno a casa e mentre camminano nei quartieri dormienti e tranquilli, pian piano uno ad uno si salutano. Oki rimane sola per un breve pezzo di strada… è quella che abita più lontano, eppure è quasi arrivata alla porta di casa quando qualcosa di terribile accade.

Sono le 3 del mattino quando i vicini sentono tre urla strazianti.

Qualcuno esce subito per capire cosa sia successo e il corpo di Oki viene trovato abbandonato vicino a un lampione lungo la strada che stava percorrendo, la St. Leonard Road. E’ stata accoltellata alla schiena ma è ancora viva. Quando i paramedici arrivano fa di tutto per dare informazioni, è stato un uomo “mascherato”, dice proprio “a man’s wearing a mask”, probabilmente intende un balaclava o qualcosa di simile, utilizzato dal colpevole per celare la propria identità. Oki muore in ospedale poco dopo senza poter fornire altre informazioni, ma il suo corpo parla di una furia incredibile: le coltellate sono andate in profondità oltre 12 centimetri. L’omicida non ha lasciato nulla sul luogo del delitto: non una traccia, non l’arma del delitto che non è stata mai ritrovata, nessuna prova del suo passaggio e ovviamente nessun movente. Solo una manciata di capelli vengono rinvenuti nelle circostanze, ma saranno analizzati e appartengono a un’altra donna che vive nelle vicinanze.

A un mese dalla morte di Oki, sono 50 i detective schierati alla ricerca di un indizio, qualsiasi cosa possa aiutarli a risolvere il mistero di un crimine così brutale, avvenuto in una cittadina tanto tranquilla. Eppure di lì a poco qualcosa si sarebbe smosso.

Un’informatrice della polizia identificata come BB racconta di sapere dettagli sull’omicidio, anzi, dice di averlo visto. E’ una conoscenza di lunga data degli investigatori, ha una dipendenza da eroina e per comprarsela, spesso si prostituisce. Quella calda notte di luglio sta percorrendo il quartiere in macchina quando vede tre ragazzi fare un po’ di schiamazzi e cercare la sua attenzione per un passaggio. Ne riconosce uno in particolare perché come lei si droga e si sono incrociati spesso, si chiama Omar Benguit. I tre salgono in macchina, chiedono di essere portati in una crack house per farsi una dose. Svoltano su Malmesbury Park Road e lì incrociano Oki mentre fa rientro a casa. Omar, secondo il racconto di BB, inizia subito a fare apprezzamenti sulla ragazza, ed è così che scendono di corsa dall’auto per inseguirla. Quando ritornano, pochi minuti dopo, sono agitati e si precipitano in macchina urlando di andar via. Ammette anche di aver visto Omar, seduto dietro, intento nel togliersi la maglietta e pulirsi le braccia imbrattate di sangue.

Il racconto di BB agli inquirenti si fa sempre più dettagliato: ha visto Omar richiudere per bene qualcosa nella maglietta e dopo essersi drogato alla crack house si fa riaccompagnare a casa, mentre gli altri obbligano lei, autista improvvisata, a portarli sul fiume Stour. Si avvicinano alla riva e lanciano la maglietta con dentro presumibilmente l’arma del delitto nelle acque calme e nere.

Le indagini, a questo punto, partono subito: il fiume viene setacciato da cima a fondo e alla fine vengono ritrovati degli indumenti maschili pronti per essere analizzati. Omar Benguit viene formalmente accusato dell’omicidio di Oki: ha 31 anni e ha sempre vissuto a Bournemouth. Anche lui, come BB, è noto alle forze dell’ordine perché è un eroinomane con alle spalle 60 condanne per reati minori. Se l’analisi degli indumenti non trova alcuna traccia di DNA, durante il processo vengono interrogati 17 testimoni che convalidano la tesi dell’accusa: è stato Omar a uccidere Oki. L’hanno visto alla crack house, portava spesso un coltello con sé e sovente diventava violento quando abusava troppo delle sostanze.

Omar non ha un alibi, non ricorda precisamente dov’era quella notte. È una persona allo sbando, un drogato, un ladro, ma è un assassino? Secondo i giudici sì, e lo condannano all’ergastolo. Anche se, anni dopo, qualcuno dei testimoni dirà di aver confessato il falso per avere degli accordi con la polizia, una pratica non rara quanto potremmo immaginare. Qualcuno ammetterà semplicemente di non sapere molto di quella notte perché sotto l’effetto di sostanze.

Eppure, solo quattro mesi dopo, con Omar dietro le sbarre, la tranquillità di Bournemouth viene di nuovo sconvolta. Il calendario segna di nuovo 12 ma di un mese diverso, Novembre stavolta. Un’altra donna viene trovata esanime.

Sono le quattro del pomeriggio e i figli adolescenti di Heather Barnett rientrano a casa come al solito, aprono la porta e chiamano la mamma. La casa è avvolta in un silenzio spettrale, niente sembra muoversi, basta un secondo per accorgersi che non è tutto come al solito perché poco lontano dall’ingresso c’è una lunghissima scia di sangue che porta al bagno. Quando aprono la porta la scena è drammatica: Heather è a terra, di fianco alla vasca da bagno ed è orribilmente mutilata: qualcuno l’ha accoltellata, le ha reciso la gola e dopo averle tagliato qualche ciocca di capelli le ha asportato i seni. “Mi serve un’ambulanza e la polizia”, urla il figlio al numero d’emergenza. “Vi prego, non è uno scherzo”:

*Audio originale della telefonata al 999*

I ragazzini sono traumatizzati, piangono e tremano, l’unica cosa che pensano di fare è aspettare i soccorsi nel bel mezzo della strada. La prima a notarli è Fiamma Marsango. La donna abita proprio di fronte, chiede loro cosa sia successo, li porta in casa per confortarli. La casa è quella che divide con Danilo Restivo, suo marito, un italiano che si è trasferito a Bournemouth da neanche un anno, dopo aver vissuto prima a Potenza, poi a Milano e in una manciata di altre città del mondo. Danilo è conosciuto molto bene nel suo paese natale ed è perfino arrivato agli onori della cronaca per essere l’unico indagato nel caso di Elisa Claps, la diciassettenne scomparsa nel nulla il 12 settembre 1993 dopo essere stata in chiesa.

Ma cosa c’entra Heather Barnett con Oki e soprattutto, quali legami hanno questi omicidi con Danilo Restivo? La vita di quest’uomo è sempre stata tanto semplice quanto bizzarra: figlio del direttore della biblioteca nazionale di Potenza, Danilo cresce nell’aura di prestigio del padre. E’ un giovane un po’ goffo e con l’insolita passione per la violenza, porta sempre con sé qualche arma, un coltello, o le forbici, con cui ama tagliare ciocche di capelli alle ragazze che trova più carine sugli autobus che frequenta. In famiglia i suoi comportamenti vengono tollerati e minimizzati fin anche quando, a 14 anni, cerca di sgozzare un coetaneo dopo averlo legato e bendato. Un milione di lire versati alla famiglia della vittima e il processo si conclude con un’amnistia. Ma dal 1990 in poi Danilo sembra inarrestabile, cerca di adescare le ragazze di cui si invaghisce, le molesta e le perseguita, ruba i loro numeri di telefono e quando le sue chiamate “romantiche” non vengono apprezzate allora diventano inquietanti con di sottofondo la colonna sonora di Profondo Rosso, o sconce. A qualcuna regalerà un carillon che suona “Per Elisa” di Beethoven.

Il filo che lega tutte queste vite, a un certo punto, si incaglia proprio in quella di una ragazza di nome Elisa. Ha 16 anni, gli occhialoni da brava studentessa e un sorriso da far sciogliere i ghiacciai più duri. Frequenta la terza liceo classico e il massimo svago che si concede è frequentare la Chiesa locale e le zone limitrofe insieme a qualche amica. Danilo se ne invaghisce subito, inizia a seguirla, la avvicina, fa di tutto per insinuarsi nell’esistenza di Elisa e strapparle qualche appuntamento. Una mattina di settembre, purtroppo, ci riesce. La ragazza lascia l’amica Eliana De Cillis dicendole che sarebbe andata a incontrare un suo amico desideroso di darle un regalo per festeggiare il superamento degli esami di riparazione. Sono le 11:15 ma promette di far presto, sarebbe dovuta andare poi a pranzo in campagna insieme a tutta la famiglia. Da quel giorno, Elisa, sparisce nel nulla.

Il nome di Restivo viene subito fuori, conosceva la vittima, era risaputo ne fosse ossessionato ed era anche l’ultima persona ad averla vista viva, come lui stesso ammise. Eppure, senza un corpo, Danilo Restivo non fu mai incriminato se non per falsa testimonianza. Ed eccoci proiettati in avanti, nel 2002, siamo a tantissimi chilometri di distanza ma non può essere un caso… la polizia britannica è sospettosa, intercetta Danilo, lo segue, gli tiene gli occhi addosso e scopre una sua tendenza particolare ad agire. Un giorno lo filmano mentre si avvia in una zona boschiva, è una bella giornata di sole e qualche ragazza passeggia nei dintorni in maniche di camicia. Non lui, Danilo Restivo indossa un grosso cappotto scuro che gli copre bene le braccia e il collo, ha perfino dei guanti. Si nasconde nella boscaglia e osserva le giovani che gli passano a pochi metri. Non un reato, certo, ma qualcosa di incredibilmente sospetto sì: si delinea il profilo di qualcuno che sa come nascondersi e soprattutto, sa come non lasciare alcuna traccia di sé.

Perché l’altra cosa che lega i tre omicidi è proprio l’assenza di un DNA chiaro, l’astuzia con cui il killer uccide e poi si smaterializza. Eppure sappiamo che la scena del crimine ha sempre una particolarità: se un omicida passa in una zona, invariabilmente porterà qualcosa con sé e ne lascerà un’altra indietro, volente oppure no. I detective ce lo ripetono spesso: il delitto perfetto non esiste, esistono solo delitti non ancora risolti.

Mi ritrovo a parlare di tre omicidi, perché mentre Danilo Restivo è ancora attenzionato a Bournemouth, 17 anni dopo la scomparsa della sua conoscente Elisa, a Potenza qualcosa accade. Succede che finalmente, dopo più di un decennio tra lacune, omissioni, un’agente della digos trovata morta proprio mentre era in procinto di rivelare sviluppi sulla vicenda e addirittura qualche pm indagato per corruzione e la mancata collaborazione della Chiesa, la direzione della canonica passa in mano a un giovane parroco che il 17 marzo 2010 avverte la polizia di una terribile scoperta. Racconta di aver mandato degli operai a sistemare delle perdite nel sottotetto e lì hanno scoperto, sotto una coltre di polvere e tegole, il corpo mummificato di Elisa Claps. La chiesa della Santissima Trinità che tanto aveva amato Elisa in vita, aveva custodito le sue spoglie fino ad allora e anche se ci sono molti dubbi anche sull’effettiva data del ritrovamento, soffermiamoci sui rilievi autoptici.

Sebbene il corpo di Elisa sia molto compromesso, le vengono ritrovate nelle mani ciocche di capelli, un feticcio che incastra subito Danilo. La ragazza è stata uccisa con 13 coltellate inferte da un’arma da punta e taglio, probabilmente delle forbici. I suoi vestiti sono stati tagliati con cura, ma in modo così particolare da far pensare agli inquirenti che il corpo sia stato maneggiato anche morte già avvenuta: il reggiseno è stato tagliato tra le due coppe, le mutandine dal fianco, così come i pantaloni. Insomma, tutto fa pensare che Elisa sia stata anche violentata. Nelle immediatezze del corpo vengono ritrovati due profili genetici diversi ricavati da tracce di sperma e sotto il busto, invece, un bottone rosso appartenuto probabilmente alla tonaca di qualche clericato.

E’ la svolta che aspettava anche la polizia del Dorset che si precipita a casa di Danilo Restivo per arrestarlo. L’ultima volta che erano stati da lui avevano perquisito la sua auto dove avevano ritrovato un balaclava, guanti, forbici, coltelli e un cambio d’abito. Incredibilmente è il 12 maggio 2004 e probabilmente era pronto per attaccare di nuovo. Nel suo computer invece rinvengono foto oscene sia sue, che di altre donne – la maggior parte delle quali con malformazioni fisiche -, articoli riguardanti la pedofilia e diverse foto salvate dal sito di Chi l’ha Visto? Tra cui quella di Erika Ansermin, una 27 enne di origine coreana scomparsa vicino Courmayeur nel 2003 e mai ritrovata.

Il processo che si apre contro Danilo Restivo porta alla luce dei dettagli inquietanti sia riguardo la storia di Heather Barnett che di Oki. Intanto, entrambe vivevano vicinissimo a lui, Heather di fronte, Oki a solo tre strade di distanza. Forse la condanna a morte della sarta mamma di due figli, le viene recapitata qualche giorno prima della tragedia.

E’ un giorno qualsiasi di inizio novembre a Bournemouth, Heather è in casa a sbrigare qualche faccenda e cucire delle commissioni. Quando un uomo suona al campanello va ad aprire senza molta remora: ha intravisto dalla finestra essere Danny, un vicino di casa trasferitosi da poco proprio lì di fronte. Sa poco di lui ma è un italiano che spesso la saluta e con cui intrattiene qualche scambio cordiale di buon vicinato. Danny è Danilo Restivo e si fa aprire casa con una scusa qualsiasi. “Dovrei commissionare delle tende per la stanza di mia moglie”, le dice in un inglese stentato. Si trattiene poco, giusto il tempo di guardarsi in giro e studiare Heather, la sua vita, le sue abitudini. Quando se ne va, chiudendosi la porta alle spalle, ad Heather rimane solo un po’ di inquietudine. Qualche ora più tardi si accorge che le chiavi di casa non sono più al solito posto, vicino l’ingresso. È sicura le abbia prese quell’uomo e lo racconta al figlio appena rientra in casa. Non danno molto peso alla cosa, non hanno intenzione di denunciare un vicino con il rischio di sbagliarsi, magari le ha dimenticate da qualche altra parte… intanto Danilo Restivo ha già deciso: Heather morirà e succederà il 12 del mese. Utilizza quelle stesse chiavi per entrare indisturbato, silenziosamente colpisce Heather di schiena e la accoltella, poi la trascina in bagno dove continua il suo rito d’orrore: i seni asportati, il reggiseno tagliato tra le coppe, due ciocche di capelli lasciate nelle mani. Poi, così com’è entrato se ne va, cambiandosi presumibilmente d’abito, sicuramente le scarpe, visto che le orme insanguinate si interrompono poco prima della porta.

Gli inquirenti si presentano effettivamente a casa di qualche vicino per fare domande, e anche a casa Restivo. Gli domandano delle scarpe e le trovano a bagno nella candeggina. Riescono ad esaminarle e trovano tracce di sangue, ma sono troppo “cancellate” per rinvenire il DNA di Heather. Danilo pensa così tanto di averla fatta franca che si lascia andare anche a dichiarazioni quantomeno strane, parlando con degli amici della moglie soprattutto sul caso di Oki: durante un pranzo in giardino afferma che la ragazza sia stata uccisa proprio con un coltello da cucina simile a quello che ha in mano, che le ha trapassato da parte a parte la pancia. Ma come fa a saperlo? Quelle informazioni, all’epoca, non erano mai state rilasciate ai giornali.

Nel giugno 2011, finalmente, il processo inglese lo dichiara colpevole di omicidio e lo sentenzia all’ergastolo, ma l’appello riduce la pena a 40 anni perché molte delle accuse vertevano sulla similitudine dell’omicidio Claps, per cui all’epoca non era stato ancora processato. Anche in Italia viene condannato all’ergastolo.

Ritorniamo di nuovo indietro ad Oki, anche se i giudici che hanno condannato Omar Benguit all’ergastolo evidenziano delle differenze nei due omicidi di cui abbiamo parlato, forse qualcosa andrebbe approfondito. Elisa ed Heather sono state uccise con premeditazione, mentre Oki, sostengono, per impeto. Ma perché qualcuno avrebbe dovuto uccidere di spalle, coprendosi il volto, una ragazza che semplicemente sta facendo ritorno a casa? Forse per derubarla o per stuprarla? Eppure i pochi dollari che aveva con sé quella sera sono stati ritrovati nella sua giacca, e i vestiti non le sono stati tagliati o strappati. Nel 2018 la BBC dedica la seconda stagione di Unsolved alla storia di Omar Benguit che a questo punto è detenuto in carcere da vent’anni: se confessasse potrebbe uscire in libertà vigilata, ma ha dichiarato di voler morire in carcere da innocente piuttosto che essere libero dichiarando il falso. Durante il documentario la giornalista investigativa Bronagh Munro riapre il caso ascoltando la famiglia e molti dei testimoni che hanno contribuito alla condanna di Omar. E’ vero che Oki è stata uccisa in strada, ma il luogo dove è stata ritrovata è proprio vicino a un cunicolo di staccionate dove, se i vicini non fossero accorsi, il killer avrebbe potuto continuare indisturbato il suo lavoro di sevizie. Una coincidenza notevole per un attacco non premeditato. E’ il 12 del mese quando Oki viene uccisa, proprio come gli altri due casi, forse per il killer gli omicidi sono rituali. In tal proposito ho chiesto un aiuto al mio amico Cesare, studioso di simbolismo ed occultismo che ci regala un breve approfondimento sul simbolismo di questo numero.

*Audio del commento*

Oltretutto è vero che Omar possedesse un coltello, ma era di dimensioni ridotte, molto diverso dall’arma del delitto che ha ucciso Oki, una lama da punta e taglio lunga almeno 12 centimetri. Un altro appunto degno di nota sono i testimoni, tutti hanno rimangiato la testimonianza e si dicono dispiaciuti per aver testimoniato contro Omar, che di fatto non hanno mai visto uccidere nessuno. Molti erano in gravi condizioni di salute psichica per abuso di droghe e i parenti stessi affermano che molto probabilmente mentivano. L’ipotesi è che Oki sia stata verosimilmente seguita prima di essere uccisa, quello che sembra un delitto d’impeto potrebbe essere invece un omicidio ben premeditato e sarebbe proseguito con il modus operandi di Restivo che già conosciamo, se qualcosa non fosse andato “storto”, ossia se Oki non avesse combattuto così strenuamente per la sua vita attirando l’attenzione su di sé e cercando di sopravvivere. Eppure la verità processuale per ora dice altro e noi dobbiamo attenerci a quella considerando Danilo, per ora, innocente almeno di quest’ultimo delitto.

Il caso è aggiornato al maggio 2021 e potrebbero esserci svolte presto, visto che il legale di Benguit ha presentato un nuovo appello fornendo un alibi ad Omar, che viene ripreso da diverse telecamere di sorveglianza nelle immediatezze dell’omicidio, ma in un luogo totalmente diverso

Normalmente siamo innamorati del concetto di “giustizia”, pensiamo sia quasi un potere divino, qualcosa da cui non ci si può sottrarre, prima o poi, eppure sulla Terra è amministrata da esseri umani e gli esseri umani, in quanto tali, a volte sbagliano.

(c) 2021 – Mentre Morivo
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Fonti

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