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Mentre Morivo puntata #4 Romina Del Gaudio

Romina Del Gaudio, una sorridente diciottenne napoletana, viene strappata alla vita in un giorno qualunque, mentre lavorava come promoter porta a porta nel giugno 2004. “Un tentativo di stupro”, dicono gli inquirenti.”Non è mia figlia”, ribatte la madre. Il mistero di Romina è un giallo tutt’altro che risolto: tre piste, nessuna certezza.

MENTRE MORIVO è un podcast scritto e interpretato da Marica Esposito. Montaggio, produzione e sound design di Stefano DM.

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Trascrizione del Podcast

Se è vero che non esistono “vite normali”, è certo che in ogni vita – tutte complicate e straordinarie a proprio modo – ci sono delle piccole normalità, frutto dell’abitudine e della routine, quello che ci fa sentire protetti e ci dà ritmo nel caos che viviamo. Per Romina, normalità è prepararsi la cartellina con i fogli prima di uscire, è il caffé con i colleghi la mattina, poco prima di iniziare il giro. Non ha ancora compiuto 19 anni Romina, capelli chiari e pelle abbronzata di chi il mare lo vede infrangersi sugli scogli ogni mattina. E’ di Napoli, e come tante sue coetanee ha capito che la fortuna bisogna inventarsela ogni giorno e piegarla al proprio volere, quando non è il destino a darti una buona mano di carte. Vive sola con la mamma perché il papà le ha lasciate presto, sta in Germania, da qualche parte, ogni tanto arrivano centomila lire ma non saprebbe dire da quale affare. Comunque poco importa, Romina cerca lavoro, ne trova uno in cui il suo sorriso contagioso può aiutarla: vende contratti telefonici per la WIND.

Quel 4 giugno 2004 inizia normale, dicevamo, Romina si incontra con il suo capogruppo e dei colleghi a Napoli per progettare il giro giornaliero… devono andare a Giugliano, ma come ogni tanto accade, anche nelle piccole normalità quotidiane c’è qualcosa che si modifica, la meta cambia all’ultimo per Aversa ed è lì che prendono un caffè prima di dividersi, ognuno in cerca dei propri clienti. Romina viene vista l’ultima volta alle 10.30 mentre gira l’angolo in Via Saporito, perchè non farà mai ritorno alla stazione per rientrare a casa a Napoli. Alle 13.30 è già sparita nel nulla: i colleghi la cercano, la chiamano, di Romina si sono perse le tracce.

Le ricerche partono pigramente, si pensa subito a un allontanamento volontario, anche i giornali nel parlano poco, per 40 giorni tutto o quasi, tace.

E’ luglio inoltrato quando ai carabinieri di Santa Maria Capua Vetere arriva una telefonata anonima: “andate nel boschetto di Carditello, c’è il cadavere di una donna”. Il boschetto è quello della reggia a San Tammaro, un posto isolato e ben conosciuto dalle forze dell’ordine per essere una “discarica della vita”, una vera selva oscura, un posto dove complice la boscaglia e il buio si consumano reati di vario genere da sempre: ci si apparta con le prostitute, ci si droga, si abbandonano i rifiuti che nessuno vuole. Nel bosco, poi, è pieno di animali selvatici, infatti un cadavere viene trovato ma è scarnificato e totalmente irriconoscibile, il teschio è sposato di qualche metro dalla cassa toracica e del corpo è rimasto solo qualche dente e qualche capello, dei vestiti ammucchiati un po’ più in là.

Però sembra essere proprio Romina, quel mucchietto d’ossa abbandonato come un vecchio depliant, perché poco lontano c’è anche il tesserino di riconoscimento e i contratti precompilati che aveva con sé la mattina di un mese e mezzo prima.

Adesso le indagini finalmente partono, si analizza il posto anche se è evidente sia stato compromesso. All’inizio del sentiero, su un ramo, c’è incastrato uno slip nero, un reggiseno tagliato viene rinvenuto poco distante: per gli inquirenti si tratta di una violenza sessuale sfociata in omicidio ma è impossibile avere risposte dall’autopsia: si sa solo che Romina è morta per almeno una coltellata e per due colpi di pistola calibro 22. Si ritrovano solo le ogive, la parte anteriore del proiettile, nel cranio, ma non i bossoli. La mamma di Romina, Grazia Gallo, non riconosce quegli indumenti, non ci crede che quei resti siano di Romina chiede di continuare ad indagare, perché qualcuno la tiene ancora in ostaggio.

Il 2 settembre, intanto, arriva a casa una telefonata anonima, è un uomo che confessa l’omicidio e promette di costituirsi presto, chiede perdono. Nonostante gli appelli, nessuno si fa avanti.

E’ qui che agli inquirenti non è più tanto chiara la dinamica dei fatti, perché le piste piano piano diventano due, poi tre. Dapprima si pensa a un maniaco, Romina è bella, ha tanti pretendenti ma è fidanzata e rifiuta tutti, nello specifico anche un vicino di casa particolarmente insistente. L’ipotesi dello stalker viene avvalorata da una lettera anonima che arriva alla trasmissione Chi l’ha visto?

Una ragazza di 26 anni che si firma Anna racconta di aver visto Romina il 4 giugno nella piazza del municipio di Aversa mentre due uomini la importunavano. Sembrava molto a disagio mentre uno dei due le chiedeva insistentemente di salire in macchina, tanto che preoccupata da quello scambio, Anna si segna il numero di targa che – racconta – le viene bene ricordare perché formata da date a lei care. Chi conosceva Romina la descrive come una ragazza timida e accondiscendente, avrebbe accettato malvolentieri un passaggio piuttosto che dar spettacolo in strada, e in effetti il luogo del ritrovamento dista a 15 chilometri da dove è stata vista l’ultima volta. La targa porta a un uomo all’epoca 35enne, già indagato in passato per un altro omicidio di una giovane donna. Tuttavia, le indagini si arenano.

Allora si pensa a un serial killer, sul luogo del delitto viene ritrovata una boccetta di lubrificante non commerciata in Italia e sicuramente non nel Casertano… si intrecciano le storie di altre donne uccide, per la maggior parte prostitute appartenenti a racket russi. Forse Romina ha visto qualcosa, o forse è finita nella rete di un assassino seriale. La pista non prosegue, anche se i giornali ne fanno titoloni. La procura chiede l’archiviazione tre volte, ma la mamma e lo zio Ciro non si arrendono, nel 2011 il corpo viene riesumato per l’analisi del DNA, si tratta di Romina.

Tante cose però, non sono chiare, ad esempio gli slip ritrovati sul sentiero non sono mai stati analizzati né per capire se effettivamente fossero di Romina e neanche per cercare eventuali tracce di DNA del colpevole. Inoltre tra gli oggetti repertati c’è la tessera di una palestra che si trova a Parete, una città poco distante da Aversa, il cui proprietario non è mai stato individuato.

Nel 2014 la mamma di Romina muore senza aver potuto dare nome a chi ha spezzato la vita di sua figlia, ma certa che la verità si trovasse nella terza pista: quella camorristica.

Grazia si era convinta che nella fine di Romina c’entrasse in qualche modo il padre, complice di avere amicizie discutibili nel clan dei casalesi – d’altronde il boschetto, luogo del delitto, confina con Casal di principe – ma soprattutto era venuta a sapere che poco prima dell’omicidio avrebbe dovuto testimoniare contro degli esponenti del clan per un caso di truffa e infatti era in zona in quei fatidici giorni di giugno. Anche se neanche quegli indizi hanno mai portato a nulla, una testimonianza curiosa si fa avanti a dare supporto alla tesi della vendetta trasversale: gli investigatori infatti mettono agli atti il racconto di una ragazza somigliante a Romina, anche lei promoter porta a porta, che era stata avvicinata da tre individui che avevano cercato di rapirla, salvo poi scappare spaventati dalle sue urla.

Lo stesso padre si era presentato al funerale per poi sparire nel nulla. Nel 2017 l’omicidio viene archiviato in via definitiva e anche se lo zio Ciro ha messo in campo un altro poule di difensivo e di esperti per riaprire le indagini, senza il benestare di suo padre la vicenda non può andare avanti.

La storia di Romina rimane così sospesa, avvolta nei roghi e nel buio, caduta nella selva oscura di una giustizia che ha perso la dritta via.

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