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Mentre Morivo puntata #9 Extra – La Morte di Ottavia De Luise

Ottavia De Luise scompare in un paesino della Lucania e nessuno la cerca mai davvero. La sua unica colpa, quella di essere reputata una poco di buono. Aveva solo 12 anni.

MENTRE MORIVO è un podcast scritto e interpretato da Marica Esposito. Montaggio, produzione e sound design di Stefano DM.

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Trascrizione del Podcast

Questa puntata non era in programma e forse sarà un po’ diversa dal solito, ma la storia di Ottavia De Luise è stata raccontata troppe poche volte per far finta di niente. Ottavia è l’emblema della sofferenza che hanno patito per troppi secoli le donne: usate, gettate, derise, insultate e uccise. Ci hanno fatto di tutto, nella storia, ma quella di farci sparire, quella di tapparci la bocca è forse la più infamante ed è per questo che ad Ottavia devo prestare la mia voce, sono passati 46 da quando è scomparsa.

E’ il 12 maggio 1976 e l’Italia è ancora troppo arretrata per considerarsi, in fondo, un Paese “civile”. Sì, è stata approvata la legge che rende legittimo il divorzio, ma c’è ancora tantissimo da fare. Siamo a Montemurro, in Basilicata, e Ottavia – come potreste prevedere dal nome – è l’ultima di otto figli. Ha 12 anni, Ottavia, è bella e alta, bionda, sorridente, ha l’ingenuità spavalda di chi aspetta solo di prendere a morsi la vita ed essere libera. Il pomeriggio in cui scompare sta giocando con la cugina, non si sa molto di quel pomeriggio, se non che a un certo punto si incammina per raggiungere qualcosa o qualcuno e di lei non si saprà più nulla.

I genitori, vedendo il sole calare e senza la figlia in casa, si allarmano: mandano Settimio, il fratello, a cercarla ma in Piazza non c’è e la cugina dice di non sapere nulla. Montemurro è un paesino di 1500 abitanti come potremmo immaginarci: una chiesa, una piazza, ci si conosce tutti. C’è un solo carabiniere, come i film all’italiana ci hanno insegnato, e viene subito allertato.

Il carabiniere sbuffa, in un paesino così piccolo le malelingue corrono e quelle su Ottavia sono della peggior specie: “una poco di buono che si intrattiene coi più grandi, una mela marcia”. Il Carabiniere minimizza, tornerà a casa quando avrà finito di divertirsi. Siamo in un periodo storico, quello degli anni ’70 – e che forse non è ancora stato del tutto superato – in cui la bellezza è considerato un vizio e una colpa, una tentazione atta solo a irretire chi non sa resistere. La pedofilia non viene penalmente punita, mentre lo stupro è depenalizzato a “delitto contro la morale” e decade in caso di “matrimonio riparatore”.

Quello che faceva Ottavia, alla luce di anni più moderni, era proprio questo: veniva abusata da uomini adulti che per lavarsi la coscienza le lasciavano pochi spicci, quelli che servivano per comprarsi un gelato in cui mischiare le lacrime. In paese lo sanno tutti e viene fatto anche un nome “il viggianese”, lo chiamano, uno dei più impuniti: un tale Giuseppe Alberti originario proprio di Viggiano, un paesino in provincia di Potenza. Alberti lo interrogano e viene trovato pieno di graffi, ma non si continua contro di lui e dopo aver mandato anche i cani a ispezionare i dintorni dei luoghi della scomparsa si lascia perdere, nessuno cerca davvero più Ottavia.

Quello che si sa sulle sue ultime ore sono ricordi offuscati dall’omertà: una donna dice di averla vista incamminarsi verso una masseria che si scoprirà essere di proprietà di un tale Andrea Rotundo, mai interrogato.

Il caso, rimasto perlopiù sconosciuto al di fuori della Lucania, ha un paio di svolte quando arrivano delle lettere anonima alla famiglia. Un uomo scrive di aver visto il figlio violentare e seppellire una bambina, vuole liberasi la coscienza prima di morire. Qualcuno viene interrogato, poi di nuovo il nulla.

Nel 2010 il caso viene riaperto perché in una masseria, in un pozzo svuotato dai vigili del fuoco, vengono ritrovati dei resti… infine si scopriranno essere di natura animale. Eppure ancora oggi Ottavia è stata dimenticata, abbandonata, trattata davvero come un’anima persa che è stata semplicemente punita per i suoi passi falsi. Non c’è nessuna strada intitolata a lei nel suo paese, neanche una piccola targa a ricordare la manciata di anni che ha vissuto e che le sono stati portati via.

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Fonti

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