“…mio padre era solito dire che la ragione per vivere era essere pronti a restar morti molto a lungo”. Questo fa dire alla protagonista William Faulkner, nel suo romanzo “Mentre Morivo”. Le storie di questo podcast – contrariamente al titolo – non sono letteratura. Sono le vite rumorose, colorate, scompigliate, ordinarie e straordinarie di tante donne. Donne uccise a cui non è stata fatta giustizia, almeno fino ad oggi. Ve le racconto io, Marica Esposito, in questa terza stagione, con l’editing di Stefano DM, in collaborazione con Spreaker Prime.
MENTRE MORIVO è un podcast scritto e narrato da Marica Esposito con l’editing di Stefano DM.
Trascrizione del Podcast
Fermarsi a prendere un poke d’asporto, tornare in macchina e partire per passare qualche ora in compagnia: sembrerebbe la serata ideale per tanti, anche nell’Italia dei giorni nostri. Un gesto quasi familiare, un’abitudine arrivata qui come un trend qualunque e che forse ne ignora le origini culturali. Poco importa, perché in questa storia, invece, ci troviamo proprio alle Hawaii, è il 1982 e a sparire nel nulla dopo aver ordinato questo piatto tradizionale a base di pesce crudo è Lisa Au. Quello che le è successo, a 41 anni di distanza dall’ultima sera della sua vita, rimane ancora un mistero.
Lisa ha 19 anni e vive con la sua famiglia a Kailua, una piccola cittadina dell’isola Oahu, la terza più grande dell’arcipelago Hawaii e decisamente la più visitata, perché la sua capitale è la celebre Honolulu. Mamma hawaiana e papà cinese, Lisa cresce amando entrambe le sue culture, ha i capelli scuri, lunghi e mossi, gli occhi leggermente a mandorla e la carnagione tipicamente polinesiana. Le Hawaii, però, non sono il paradiso turistico che molti occidentali credono, i nativi di queste terre sono stati per centinaia di anni sfruttati e mercificati, e negli anni ’80 le proteste del movimento nazionalista hawaiano è pronto a nascere e a chiedere più diritti ed emancipazione. In questo clima di fermento politico Lisa cerca la sua indipendenza e la trova: si specializza come parrucchiera, viene assunta in un salone e va a vivere con una sua collega, Candy, in un piccolo appartamento.
Prende la patente e acquista una Toyota marrone del ’76, la guida piano e con qualche incertezza, è un po’ un ferro vecchio ma quello che conta è che la aiuta ad arrivare facilmente a lavoro e dal suo fidanzato, Doug. È questo che decide di fare anche la sera del 20 gennaio 1982. Lisa finisce il suo turno alle 20 e 45 e, come di consueto, piove su Kailua, si tratta di una particolarità del clima di questa zona: gli alisei soffiano da nord-est arrivando freschi sulle montagne, condensano l’umidità e scatenano le piogge che rendono questa parte dell’arcipelago verde e florida. La ragazza accende l’auto, si ferma in un
supermercato a comprare il poke e va a Makiki – un quartiere di Honolulu, distante circa 20 minuti – a casa della sorella di Doug. I tre passano una serata apparentemente tranquilla, poi si separano, piove ancora. È passata la mezzanotte, lui torna al dormitorio universitario, di Lisa, invece, si perdono le tracce.
Il giorno dopo non si presenta a lavoro, la sua coinquilina Candy non l’ha vista rientrare ma non ha dato peso alla cosa finché Patrice e Chester, i genitori della ragazza, non l’hanno chiamata preoccupati: non è da lei sparire senza avvertirli, ma magari è rimasta a dormire da Doug. Telefonano anche a lui, niente da fare, Lisa non si trova. Doug Holmes è un coetaneo della giovane, studia all’università delle Hawaii, ha i capelli chiari e porta i baffi. Appena lo avvertono della sparizione di Lisa si offre subito di andare a cercarla. Ripercorre la strada che avrebbe dovuto fare Lisa per tornare a casa, e infatti, a pochi chilometri da Kailua, sull’autostrada, trova la sua Toyota.
L’auto è parcheggiata sul ciglio della strada, ha il finestrino del guidatore abbassato ed è zuppa d’acqua: la pioggia è andata avanti per tutta la notte, eppure la borsa di Lisa è poggiata sul sedile del passeggero ed è asciutta. All’interno, però, non c’è la patente, il resto sì, come le chiavi e del denaro. I poliziotti vengono subito avvertiti e mettono a verbale queste stranezze, compresi dei graffi sul volto di Doug. Lì per lì non sembrano farci molto caso, però, bisogna trovare Lisa, che forse si è fermata per un malore o un guasto alla macchina, d’altronde è una guidatrice inesperta e forse è stata colta alla sprovvista visto anche il mal tempo. Mentre gli investigatori analizzano l’auto alla ricerca di indizi utili, tutti i cittadini fanno quello che possono per aiutare nelle ricerche: vengono distribuiti 150mila volantini con la foto di Lisa, più di cento volontari si danno da fare per perlustrare la zona, i genitori fanno appelli alle tv locali, la speranza è una: ritrovarla viva.
Dopo dieci giorni, il 31 gennaio 1982, queste speranze si spengono. Un uomo sta facendo jogging nella zona verde di Makiki, quando scorge un corpo nudo in un burrone: è quello di Lisa. È stata abbandonata a circa 5 chilometri dall’appartamento dove era stata con il fidanzato e sua sorella, è a testa in giù nell’erba, come se qualcuno l’avesse lanciata da un’auto in corsa. Ma chi? E come è stata uccisa? Purtroppo sciogliere il mistero della sua morte sembra da subito un enigma troppo intricato: il clima caldo e umido della zona è intervenuto per far decomporre i suoi resti velocemente ed è difficile per il medico legale decretare la causa della morte o perfino l’ora.
Durante l’indagine si fa avanti qualche testimone, uno in particolare ricorda di aver visto l’auto di Lisa essere seguita a passo lento da un veicolo con delle luci blu, è qui che si apre l’ipotesi che ad uccidere Lisa possa essere stato un poliziotto. La notizia fa rapidamente il giro dell’isola, scatenando il panico generale, tanto che il dipartimento di polizia deve emanare un avviso che segnala alle automobiliste di non fermarsi all’alt delle auto non contrassegnate. In effetti il modo in cui viene rinvenuta la macchina di Lisa sembra avvalorare la tesi dell’agente: forse la giovane è stata fatta accostare, ha abbassato il finestrino per fornire i documenti e poi con la forza è stata trasportata altrove, uccisa e infine abbandonata nel burrone. Dopo le analisi sul veicolo è chiaro che è stato ripulito: non ci sono impronte, né guasti o segni di incidente. Lisa è scesa dall’auto viva, forse portando con sé la borsa, che viene solo successivamente riposta sul sedile, e infatti è pulita e asciutta.
La pressione sulla sezione omicidi del dipartimento di polizia è fortissima: bisogna trovare un colpevole e un nome viene fuori, è quello di un poliziotto con delle precedenti accuse per molestie, non ci sono molte prove contro di lui, anzi, un collega si fa avanti per denunciare di essere stato invitato a testimoniare di averlo visto insieme a Lisa la notte in cui è scomparsa: una dichiarazione falsa, che l’uomo non accetta di fare. Così le indagini si arenano, si perde tempo e forse non ci si concentra a sufficienza su altre testimonianze.
Come ad esempio quella dell’addetto alla sicurezza dello stabile in cui vive la sorella di Doug, che mette a verbale invece di aver visto il ragazzo litigare con Lisa, intorno alle 23 e di aver seguito con lo sguardo la ragazza andare via in auto seguita proprio dal fidanzato. Anche un’altra donna, Charlotte Kamaka, chiama la polizia il giorno stesso in cui viene ritrovato il corpo di Lisa, per raccontare di uno strano episodio: dice che la notte del 20 gennaio ha visto un uomo al volante di un’auto blu, e sul sedile del passeggero una donna che sembrava svenuta. Dice di esserne sicura perché, quando l’auto prende una curva, la testa della donna cade e il corpo si accascia in avanti. L’episodio le aveva lasciato molta inquietudine perché si era scambiata un veloce sguardo con l’uomo alla guida, poi l’aveva rivisto diversi minuti dopo ma a quel punto la donna sul sedile non c’era più. Purtroppo questa testimonianza non è mai stata approfondita dalla polizia, ma di certo sappiamo che il fidanzato di Lisa ha fallito per due volte l’esame del poligrafo. La macchina della verità, è chiaro, non è uno strumento attendibile per individuare il colpevole di un reato, così anche questa pista viene abbandonata quasi subito. Secondo la polizia Doug non aveva alcun movente per uccidere Lisa: eppure è il ragazzo stesso a dichiarare che voleva interrompere la relazione. Lui aveva intenzione di laurearsi e intraprendere una carriera, mentre Lisa, a suo dire, si accontentava di un lavoretto qui e lì e non aveva grandi ambizioni.
Intanto l’avvocato della famiglia Au ritrova i documenti di Lisa, li aveva semplicemente scordati nel negozio aveva pagato la poke con la carta di credito*. Scartata l’ipotesi del poliziotto e quella del litigio tra fidanzati, l’indagine è a un vicolo cieco e tutto si ferma per più di un anno.
Nel 1983 i resti della ragazza vengono riesumati per essere esaminati da un nuovo coroner, stavolta di Los Angeles, che spera di poter trovare dei nuovi indizi sulla causa della morte di Lisa. Quello che si scopre, invece, è una terribile noncuranza: il corpo della ragazza è stato seppellito in una sacca della polizia, con all’interno ancora foglie e sporcizia derivanti dal luogo del ritrovamento. Insomma, il primo medico legale che si era occupato dell’autopsia non aveva neanche lavato il corpo. Anche questa seconda analisi, infine, è un buco nell’acqua: la decomposizione è troppo avanzata per riuscire a capire come è stata uccisa Lisa.
A Honolulu, però, non sembra esserci pace, perché passano solo una manciata di anni prima che altre ragazze vengano uccise: nel 1985 Vicki Gail Purdy di 25 anni viene ritrovata strangolata e abbandonata con le mani legate dietro la schiena, in una zona impervia nei pressi della laguna di Waikiki. La sua auto è stata ritrovata in un parcheggio, ammaccata, l’ipotesi è che l’omicida l’abbia tamponata come escamotage per rapirla, stuprarla e infine ucciderla. Nel gennaio 1986 viene ritrovata morta Regina Sakamoto, di 17 anni, sempre nei pressi della laguna, uccisa con lo stesso modus operandi, scomparsa mentre aspettava l’autobus per andare a scuola. Dopo pochi mesi è il turno di Denise Hughes, di 21 anni, stavolta lasciata abbandonata nel torrente Moanalua, ma anche lei è stata violentata, strangolata e ha le mani legate dietro la schiena. A questo punto è ormai chiaro che ad aggirarsi sull’isola di Oahu è un serial killer e il suo ritratto, stilato dai profiler americani, potrebbe coincidere con l’assassino che ha strappato la vita anche a Lisa Au: è un cosiddetto “approfittatore”, un omicida che cerca le sue vittime in strade o luoghi isolati, girando a caso e cogliendo qualsiasi occasione utile per avvicinare le ragazze sole. Sempre nel 1986, a marzo, a morire è Louise Medeiros, di 25 anni e nell’aprile dello stesso anno la stessa sorte tocca a Linda Pesce, di 36. E’ l’ultima vittima di quello che negli anni è stato poi soprannominato “Lo strangolatore di Honolulu”, la sua identità non è mai stata confermata anche se la polizia si è sempre detta certa di averlo identificato come Howard Gay e gli indizi a suo carico sono diversi, ma purtroppo non hanno mai portato a una formale accusa. Non sappiamo se Lisa può essere stata la sua prima vittima, né perché abbia poi smesso di uccidere, l’uomo è morto nel 2003.
Nel 2019 l’antropologo forense Robert Mann ha chiesto di poter esaminare i resti di Lisa, mettendo a disposizione le nuove tecnologie e tutta la sua esperienza: incredibilmente, però, il teschio e la mascella non si trovano. La polizia delle Hawaii dichiara di averli lasciati nelle mani del medico forense dell’epoca, che a sua volta afferma di aver restituito il teschio al dipartimento. Charlotte Kamaka, si è sempre detta certa che l’uomo alla guida dell’auto blu la notte in cui Lisa è scomparsa era Doug Holmes. Non l’ha mai potuto testimoniare in un tribunale, ed è morta nel 2019 a 73 anni. Oggi a battersi per Lisa è rimasta solo sua sorella Mei Lee, che all’epoca dei fatti aveva sette anni. Quello che chiede sono risposte, vuole solo sapere chi ha ucciso e perché Lisa Au.
Mentre Morivo – storie misteriose di donne uccise, è un podcast Spreaker Prime di Marica Esposito, con l’editing di Stefano DM. Fonti e trascrizioni sono sul sito italiapodcast.it . Segui il podcast su Instagram e lascia una recensione sulla tua app di ascolto preferita. Se non ne hai ancora abbastanza di crimini, continua l’ascolto con NAP: Non un altro podcast true crime.
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